Tre domande a Monica Merlotti

26 Aprile 2021 | Conversazioni

Monica Merlotti

 

Monica Merlotti è sorriso e mente di Oda Officina di Architettura e l’amatissima ospite del mese di aprile per chiacchierare di meraviglia.
Perché ho scelto di nuovo un’architetta? Perché credo che il mestiere dell’architetto porti con sé il grandissimo privilegio di intuire la meraviglia prima degli altri, quella racchiusa in un locale, un appartamento, un edificio che si trasformeranno grazie a un progetto di ristrutturazione.

Monica dice di sé: “do materia alle idee, traduco le esigenze delle persone in concretezza attraverso forme, colori, atmosfera” e tutto il suo lavoro lo dimostra. Lavoro che conduce in team perché le esperienze si moltiplicano, come è stato raccontato nella “storia breve” del nuovo sito e come mi confida:

Lavorare in squadra è difficile, ma è estremamente stimolante: per quella che è la mia esperienza trovo impagabile il confronto e l’appoggio che puoi avere giorno dopo giorno. Anche se non sei sempre dell’umore giusto hai più possibilità di ritrovare il sorriso e la carica giusta per andare avanti!”

Le radici di Monica sono in Abruzzo, terra che ama visceralmente e per scelta, dopo aver viaggiato in lungo e in largo per il mondo, ha deciso che casa è questa magnifica regione, fatta di contrasti e pennellate a tinte forti.
Forte è anche il tratto rosso che Monica lascia con i suoi progetti di interni, il suo sorriso (anche negli occhi), la comunicazione coinvolgente e mai banale del suo lavoro in cantiere.
Mi ha confessato che ha sempre voluto essere un’architetta, fin da quando a 15 anni ha assistito alla ristrutturazione della casa in cui viveva la sua famiglia.

“Scoprire che, ciò che l’architetto aveva disegnato a mano con matita e colori si fosse trasformato in realtà, è stata per me una folgorazione”.
Il disegno accompagna tutta la vita di Monica “da piccola il mio desiderio più grande era avere la febbre per poter rimanere chiusa in casa a disegnare fino a farmi scoppiare il mal di testa”.

Monica ha anche uno stile preciso che esprime molto di lei: scarpe, accessori (orecchini e occhiali strepitosi), trucco, la dicono lunga sulla sua allegria e energia.
Questo stile mi ha fatto innamorare di lei e dei sui progetti. Ci siamo conosciute a un corso (che voglia pazzesca di tornare a annusare le persone dal vivo!) e abbiamo subito stabilito una sintonia, coltivata attraverso i social e la meraviglia, il trait d’union che ci ha portate fino a qui.

Ecco qui le 3 domande a Monica Merlotti.

 

Cosa serve per immaginare la meraviglia in un progetto?

Una buona dose di fiducia e coraggio. Fiducia perché, per meravigliarsi, in un progetto bisogna concedersi totalmente, affinché l’architetto possa esprimere al meglio il desiderio del cliente e trasformarlo in realtà. Coraggio perché non bisogna porre limiti ai propri sogni. Più si sogna in grande più il progetto sarà meraviglioso alla sua definizione.

 

Come portare l’anima delle persone nell’anima del progetto, per suscitare meraviglia?

Con gli occhi, bisogna conquistare l’anima della persona che ti sta di fronte: il giusto tono di voce, il giusto entusiasmo, la giusta dose di empatia. Devi darle le chiavi della tua mente affinché lei possa vedere con i tuoi occhi quella che è la meraviglia del progetto che andremo a realizzare.

 

Come si usano il colore e i dettagli per creare meraviglia?

Scoprendo chi è la persona che ne beneficerà. Il suo colore, quello che la fa star bene, quello che la rilassa, oppure quello che le dà coraggio. Tutto parte dal soggetto. Ogni soggetto è meraviglioso a modo suo scoprendo il soggetto, la meraviglia arriverà tradotta nel progetto.

 

Sono molto grata a Monica per avermi regalato il suo punto di vista sulla meraviglia della trasformazione.
La capacità di immaginare “il dopo” sugli scarni elementi del prima e soprattutto trasmettere fiducia nel risultato finale, portando con coraggio a far capire man mano come la meraviglia si compirà, è anche un aspetto del mio mestiere.
Prima che un progetto di business o di comunicazione prenda forma sono io che so come lo metteremo nero su bianco e sta a me far pregustare il risultato finale a chi si affida alla mia consulenza. Ogni volta è una sfida, una meravigliosa sfida.

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