#qualierrori si fanno nella stesura di un business plan?

Dall’idea geniale alla realtà dei conti

Questa risorsa gratuita nasce dalla mia esperienza  con le persone che seguo per avviare una nuova attività.

Innamorate della propria idea queste persone, commettono errori ingenui che però possono compromettere il compimento del progetto.

Prevedere in quali inciampi si potrebbe cadere può aiutare a fare meglio, non perdere tempo, avere un focus bello chiaro.

Ecco allora la raccolta di errori ricorrenti nella stesura di un business plan per cui ti metto in guardia:

  1. Business plan e programmazione economico finanziaria
  2. Business plan e finanziamenti
  3. Business plan e startup
  4. Business plan e idea del secolo
  5. Business plan e lavoro in team
  6. Business plan e preventivi
  7. Business plan e capitali
  8. Business plan e flusso di cassa
  9. Business Plan e costi nascosti
  10. Business plan e consulenze strapagate
  11. Business plan e rispetto dei tempi
  12. Business plan e vivere nella realtà

 

1. Business plan e programmazione economico finanziaria

Si parla sempre di più di business plan, ma aleggia una certa confusione su cosa sia veramente un business plan.

Per me business plan è sinonimo di progetto, perché prima di parlare di numeri bisogna parlare di idee, modelli, mercato.

Il business plan non è il budget annuale, quello è altra storia. Fissare (e raggiungere) obiettivi annuali di fatturato, tipologia di clientela, prevedere investimenti in beni, formazione, consulenze, non vuol dire fare un business plan, ma gestire bene le proprie risorse, appunto con un budget annuale.

  • Un business plan è un progetto articolato, composto da 4 macro aeree:
  • spiegazione del progetto
  • analisi di mercato
  • composizione del team di lavoro
  • analisi finanziaria.

L’analisi finanziaria arriva solo alla fine, dopo che è stato sviluppato tutto il progetto.
Quindi quando diciamo business plan non cadiamo nell’errore di pensare alla pianificazione economica di un’attività ma pensiamo a un progetto che deve essere indagato e descritto in ogni sua parte prima di parlare di numeri, quelli che nell’ultima sezione dovranno confermare se il business sta in piedi oppure no.

2. Business plan e finanziamenti

Uno degli errori più frequenti nella stesura di un business plan riguarda l’approccio a questo strumento.

Facciamo un passo indietro. Perché si fa un business plan?

  • Per essere sicuri che il business stia in piedi, nel modello e nei numeri
  • Per cercare partner e finanziatori.

Però, la seconda ragione non deve fagocitare la prima.

Ragionare sul trovare i finanziamenti prima di aver concretizzato il modello di business è un errore.

Ad esempio, quando durante una call conoscitiva con un futuro imprenditore sento più volte dire “intesto l’attività alla mia compagna, così prende i finanziamenti come donna” inizio a diffidare.

É necessario lavorare sull’idea e sul modello di business per rendere appetibile il progetto, prima di pensare di farselo finanziare in tutti i modi.

Questo non significa che il finanziamento non sia importate, anzi il contrario. Proprio perché la quasi totalità dei progetti ha bisogno di molto capitale, di cui solo una parte è capitale proprio, deve trattarsi di un progetto valido.

Dopo che si è ben lavorato sul progetto e lo si è reso presentabile e appetibile, inizia la valutazione dei finanziamenti.

Il PNRR che riguarda il finanziamento in molti settori non deve illudere.

Cos’è il PNRR? Il Piano Nazionale per la Ripresa e Resilienza definisce obiettivi e interventi trasversali ai vari ambiti della sfera economica e sociale italiana. Dal Turismo alla Cultura, dall’Agricoltura alla Logistica, dall’Istruzione al Lavoro, dalla Sanità alla Pubblica Amministrazione.

Il 27 per cento delle risorse è dedicato alla digitalizzazione, il 40 per cento agli investimenti per il contrasto al cambiamento climatico e più del 10 per cento alla coesione sociale.

I soldi arriveranno se le idee saranno valide, altrimenti i progetti resteranno al palo, come prima della pandemia.

Quindi se stai pensando di sviluppare un nuovo business o di potenziarne uno già esistente, lavora sull’idea e poi sul denaro. Ti posso assicurare che è una buona strada da percorrere.

3. Business plan e startup

Parliamo di startup, una specie di miraggio per molte persone che si affacciano all’imprenditoria.
Insieme al finanziamento spesso è l’ossessione che viene inseguita con l’idea che una volta inquadrata la nuova società come startup tutto funzioni magicamente, grazie a sgravi e incentivi che la riguardano.
Non è così e soprattutto per aprire una startup ci vogliono requisiti precisi, 6 obbligatori e uno addizionale, a scelta fra 3.

Requisiti obbligatori 6

  • la società deve essere di nuova costituzione o costituita da meno di 5 anni;
  • il valore totale annuo della produzione deve essere inferiore a 5 milioni di euro;
  • deve avere sede in Italia oppure in un paese comunitario. In questo secondo caso la società deve avere almeno una sede produttiva o una filiale in Italia;
  • non deve distribuire utili;
  • non è costituita a seguito di una fusione o di una scissione societaria;
  • non ha quote o azioni del capitale sociale su un mercato regolamentato.

 

Requisiti addizionali (1 su 3) su tre aspetti

  • ricerca e sviluppo: è necessario fare una spesa in attività di ricerca e sviluppo pari o superiore al 15% rispetto al valore maggiore tra fatturato e costi annui.
  • lauree magistrali: almeno ⅓ della forza lavoro impiegata o complessiva deve essere in possesso di un titolo di dottorato di ricerca (o che stiano svolgendo un’attività di ricerca in università). Oppure è richiesto che i ⅔ della forza lavoro sia in possesso di una laurea magistrale.
  • brevetti: se la società deposita un brevetto riguardante un’invenzione innovativa, può essere inserita nel registro delle startup innovative.

Quindi un e-commerce non è sinonimo di startup se non rispettano questi requisiti, idem un’attività che basa il suo fatturato sull’uso di strumenti digitali (vendita di servizi, consulenze, ad esempio).

Idee e forma devono coincidere, se si vuole aprire una startup. Verifica i requisiti con il consulente che hai scelto per farti affiancare nel tuo nuovo business.

Uno degli errori più frequenti nella stesura di un business plan riguarda l’approccio a questo strumento.

Facciamo un passo indietro. Perché si fa un business plan?

  • Per essere sicuri che il business stia in piedi, nel modello e nei numeri
  • Per cercare partner e finanziatori.

Però, la seconda ragione non deve fagocitare la prima.

Ragionare sul trovare i finanziamenti prima di aver concretizzato il modello di business è un errore.

Ad esempio, quando durante una call conoscitiva con un futuro imprenditore sento più volte dire “intesto l’attività alla mia compagna, così prende i finanziamenti come donna” inizio a diffidare.

É necessario lavorare sull’idea e sul modello di business per rendere appetibile il progetto, prima di pensare di farselo finanziare in tutti i modi.

Questo non significa che il finanziamento non sia importate, anzi il contrario. Proprio perché la quasi totalità dei progetti ha bisogno di molto capitale, di cui solo una parte è capitale proprio, deve trattarsi di un progetto valido.

Dopo che si è ben lavorato sul progetto e lo si è reso presentabile e appetibile, inizia la valutazione dei finanziamenti.

Il PNRR che riguarda il finanziamento in molti settori non deve illudere.

Cos’è il PNRR? Il Piano Nazionale per la Ripresa e Resilienza definisce obiettivi e interventi trasversali ai vari ambiti della sfera economica e sociale italiana. Dal Turismo alla Cultura, dall’Agricoltura alla Logistica, dall’Istruzione al Lavoro, dalla Sanità alla Pubblica Amministrazione.

Il 27 per cento delle risorse è dedicato alla digitalizzazione, il 40 per cento agli investimenti per il contrasto al cambiamento climatico e più del 10 per cento alla coesione sociale.

I soldi arriveranno se le idee saranno valide, altrimenti i progetti resteranno al palo, come prima della pandemia.

Quindi se stai pensando di sviluppare un nuovo business o di potenziarne uno già esistente, lavora sull’idea e poi sul denaro. Ti posso assicurare che è una buona strada da percorrere.

4. Business plan e idea del secolo

Il tema centrale nella stesura di un business plan, parte da una domanda: il mercato ha bisogno del mio prodotto o servizio?

Sembra una banalità , ma molto spesso incontro futuri imprenditori e imprenditrici, così innamorati della loro idea da non capire se realmente se ne sente il bisogno sul mercato.

Il primo requisito per lanciare un’attività è che questa soddisfi un BISOGNO, ovvero che RISOLVA UN PROBLEMA a qualcuno.

Che si parli di un’attività innovativa o classica, deve comunque portare una soluzione a quella che è percepita come una necessità, altrimenti non ha nessun appiglio per piacere al mercato, nonostante robusti investimenti in marketing e pubblicità.

Vediamo sempre più che il sistema di recensioni e passaparola virtuale sostiene il lancio di nuovi prodotti e servizi. E su cosa si basa? Sul fatto che chi li prova ne trae un reale beneficio, c’è un prima senza il prodotto o servizio, grigio e triste, e un dopo con il prodotto o servizio, roseo e luminoso.

Partire dal principio che si è concepito il prodotto o servizio migliore al mondo senza sapere se veramente il mercato ne abbia bisogno è una mossa suicida, che porterà, una volta esaurito il budget di lancio, a far sgonfiare come un soufflé la nuova attività.

É necessario capire cosa viene richiesto dal mercato, anche quando un prodotto è stato già lanciato e sta per esaurire il suo ciclo di vita. Per riformularlo, rilanciarlo, bisogna ascoltare cosa ne pensano gli utenti, come lo vorrebbero migliorare.

Se stai pensando di aprire un’attività, non partire dalla tua idea, ma dal mercato e dalla necessità che potresti soddisfare con il tuo prodotto o servizio.

5. Business plan e lavoro in team

Quando si scrive un progetto da presentare agli investitori spesso succede che per mancanza di risorse economiche si tende a immaginare di gestire in modo autonomo tutta una serie di compiti ben precisi, che invece sarebbe bene delegare all’esterno. Per diversi motivi.

Intanto non si può essere capaci a fare tutto: amministrazione, social, rete di vendita, ufficio acquisti, sono tutte attività che comportano una specializzazione, non è possibile che una  persona abbia tutte queste competenze.

Oltre alle competenze è veramente improbabile avere il tempo di seguire bene i tanti aspetti di un business, soprattutto al suo avvio. Quindi meglio concentrarsi su un aspetto fondamentale e delegare gli altri task.

Infine, gli investitori sanno bene che una persona da sola, per quanto volenterosa, non può arrivare a tutto e preferiscono puntare su chi sa scegliere una squadra di lavoro, ovviamente vera e non sulla carta.

Una squadra di lavoro dà subito l’idea di un business costruito bene, che varca i confini del garage o della cucina in cui è stato concepito.

Una squadra vuol dire aver già immaginato un processo di lavoro e una crescita.

Quindi, se stai pensando di fare un business plan, inizia a anche a pensare con chi fare squadra.

6. Business plan e preventivi

Può sembrare prematuro parlare di preventivi prima che un progetto decolli, ma è proprio il contrario: un progetto non può decollare se non si sa di quali azioni e collaborazioni necessita per iniziare e quanto tutto ciò costa. In altre parole, quando si scrive un business plan è vitale stabilire le risorse che servono alla futura impresa e quanto queste risorse costeranno.

Quando parlo di risorse intendo:

  • quelle intellettuali, ovvero i collaboratori stretti che con il lavoro quotidiano sviluppano l’attività
  • quelle tecnologiche, necessarie di base oramai a qualsiasi business, anche quelli prevalentemente produttivi
  • quelle legali, mai iniziare un’attività senza aver scritto contratti, Privacy Policy, Cookie Policy, ecc.
  • quelle amministrative e finanziarie, che devono sostenere e gestire il progetto nella sua complessità

In altre parole, una volta stabilite tutte le azioni necessarie allo sviluppo del progetto, bisogna chiedere dei preventivi per capire quanto tutte queste azioni costeranno alla futura impresa.

Non chiedere i preventivi, stimare i costi a sentimento, non avere idea di cosa e di chi si ha bisogno per costruire un’attività, non porta molto lontano.

O meglio porta nel campo delle supposizioni, non della realtà.

Un business plan, lo ripeto per chi me lo avesse già sentito dire, è prima di tutto un progetto, poi numeri.

Quindi prima capire di cosa e di chi si ha bisogno, poi chiedere quanto costa e infine mettere i numeri sul foglio excel.

Capire quanto si spenderà da 1 a 3 anni di attività, servirà per calcolare quanto dovremo incassare per coprire i costi e guadagnare.

7. Business plan e capitali

Sono partita dalle strategie per arrivare man mano a parlare di soldi. Ho affrontato i  preventivi, ora tocca ai capitali.

Prima di parlare di prestiti e finanziamenti, ne ho parlato al punto 2, bisogna essere sicuri di avere un capitale.

Cosa vuol dire? Detta in soldoni (e proprio di questo stiamo parlando), per chiedere un prestito nella maggior parte dei casi bisogna avere un capitale proprio.

Ma in che misura? Ci vuole un equilibrio tra capitale proprio che deve corrispondere al 70/80% e il capitale che si vuole finanziare con un prestito bancario, che difficilmente supera il 20/30%.

Il 50% viene concesso solo per progetti molto molto forti.

Quando in un progetto si passa all’analisi finanziaria, bisogna considerare fin da subito la capacità di capitale propria, altrimenti si rischia di andare incontro a moltissime delusioni, anche se si viene presentati alle banche da intermediari, amici e parenti.

Facciamo un esempio. Se per avviare la mia attività ci vogliono 100.000,00 euro, devo poterne mettere di tasca mia almeno 30.000,00, poi convincere finanziatori privati, chiamiamoli simpatizzanti del progetto, a metterne altri 25/35.000,00 mila e infine con questo assetto chiedere alla banca se può prestarci il restante 30/35%. E ovviamente ottenere il miglior tasso possibile per restituirlo.

Stiamo parlando ovviamente di soldi in prestito o di finanziamenti privati , non di finanziamenti tramite bandi o misure economiche pubbliche, che hanno una specificità su ogni misura.

Purtroppo è molto ingenuo immaginare di avviare un’attività con solo 10.000 euro in tasca, anche perché spesso si tratta di anticipare dei soldi durante l’avvio dell’attività che poi saranno rifusi dal flusso di capitale preso a prestito o proveniente da bandi.

Iniziare un’attività con l’acqua alla gola, in termini economici, ne può fortemente compromettere lo sviluppo.

Ne parlo ancora nel punto 8 dedicato al flusso di cassa.

8. Business plan e flusso di cassa

Il flusso di cassa è il flusso di denaro che si crea con la differenza tra le entrate e le uscite monetarie di una attività nell’arco del periodo di analisi.

Il flusso di cassa deve sempre essere tenuto sotto controllo perché permette di evitare di trovarsi con le casse vuote mentre si ha bisogno di far fronte a molte spese.

Il momento più delicato del flusso di cassa è quello dell’avvio di un’attività in cui quasi tutta la liquidità serve per acquistare le risorse materiali e intellettuali che garantiranno il buon funzionamento del progetto.

Prima che una nuova attività generi ricavi da mettere in cassa è ragionevole immaginare un certo lasso di tempo, durante il quale l’attività stessa deve poter comunque sopravvivere (pagando stipendi, materie prime, locazioni, bollette, accantonamenti per le tasse, restituzione dei prestiti, ecc.) e molto spesso anche continuare a investire.

Per questo, quando si studia il piano finanziario di una nuova attività, bisogna studiare bene come gestire il flusso di cassa per evitare di trovarsi in totale affanno e di paralizzare il lavoro.

Questo significa modulare bene le spese, facendo un piano ragionato delle necessità, dei tempi ovvero della capacità finanziaria di far fronte a tutti gli impegni.

Ad esempio, molte attività oggi crescono grazie all’impiego di una app. Per sviluppare una app però ci vogliono molti soldi, magari è meglio valutare l’acquisto della app nel secondo anno di età, come upgrade dell’attività (se funziona).

L’unico modo per rimettere in equilibrio un flusso di cassa che è in sofferenza è quello di fare un aumento di capitale, ma non sempre è possibile. E, ammesso di trovare disponibilità di capitale, bisogna vedere a che costo e allo stesso tempo fornire a chi dà questo capitale importanti garanzie.

Insomma, restare senza soldi in cassa all’avvio di un’attività è più diffuso di quanto si pensi, ma va evitato in tutti i modi.

E anche per questo è necessario, soprattutto se si parla di un’attività strutturata che ha bisogno di risorse materiali e intellettuali, fare il business plan e l’analisi finanziaria e non improvvisarsi imprenditori e imprenditrici dall’oggi al domani.

9. Business plan e costi nascosti

È arrivato il momento di parlare di quei costi che non sono subito visibili ma che se non sono inclusi nelle previsioni di andamento di una futura attività, rischiano di diventare un problema bello grosso.

Parlo di quei costi che moltiplicati per un gran numero di volte diventano una cifra considerevole:

1) costi per le transazioni bancarie per e-commerce

  • bancomat vpay e maestro
  • carte visa e mastercard
  • carte commerciali (aziendali)
  • american express
  • carte non eea (fuori europa)
  • stripe base
  • stripe internazionale
  • stripe grandi dimensioni
  • stripe chargeback
  • square
  • square chargeback

2) costi per utilizzo pos (sumup) o altri sistemi di pagamento (paypall, satispay, google pay, apple pay, samsung pay)

e inoltre

3) tassi di interesse per prestiti e finanziamenti

4) tassi di interesse per fidi e scoperti

Esistono altre tipologie di costi nascosti non legate agli aspetti finanziari, il cui impatto è importante:

  • costi legati al servizio clienti
  • costi per i servizi post-vendita
  • costi inerenti la rete distributiva
  • costi per il mantenimento di standard di qualità
  • costi per le catena distributiva e logistica
  • costi per le infrastrutture, le attrezzature, macchinari
  • costi di formazione del personale, costi per la protezione della proprietà intellettuale in caso di brevetti.

Se parliamo di attività produttive possiamo individuare due categorie di costi nascosti:

Costi nascosti interni

  • Scarti di produzione
  • Errori e ritardi nelle forniture
  • Errori di progettazione
  • Surplus delle scorte delle materie prime

Costi nascosti dovuti a cause esterne

  • Resi dei clienti (costi di spedizione)
  • Reclami dei clienti da gestire (personale)
  • Risarcimenti per danni e difetti (rimborsi e transazioni bancarie)
  • Rialzi delle materie prime (storia attuale)

È vero che tanti di questi passaggi sono difficili da prevedere prima di iniziare a lavorare davvero, ma almeno bisogna tenerne conto per una gestione ottimale, soprattutto nei primi anni di avvio.

Per quanto riguarda i costi nascosti finanziari bisogna inserirli nei fogli di calcolo previsionale, altrimenti si rischia di “dare dei numeri” totalmente falsati.

E anche per questo non ci si può lasciare andare al fai da te.

10. Business plan e consulenze strapagate

Quante volte ho sentito dire, “per il marketing siamo a posto abbiamo già contattato la mega agenzia che ha seguito il progetto di ….”

Ammetto che una volta su due, la mega agenzia non si traduce in una buona idea perché:

  • ha tempi di risposta e procedure che non si adattano alle necessità di chi è all’inizio
  • troppo cara, sempre per le tasche di chi sta avviando un’attività
  • propone macro soluzioni, ma poi manca l’operatività
  • l’operatività ha un costo a parte, spesso insostenibile, e si ripiega sul fai da te (vanificando la mega strategia della mega agenzia)

Ho fatto per primo l’esempio dell’agenzia (marketing, pubblicità, ecc.) perché è il più semplice da capire, ma la stessa cosa vale per le consulenze di professionisti strategici (avvocato, commercialista, consulente finanziario, ecc.) le cui prestazioni sono fondamentali ma che devono essere ben definite, sia nei compiti che negli onorari.

In alcuni casi succede che differenti consulenti si sovrappongano su temi da trattare.

Bisogna quindi leggere bene i preventivi, chiedere la specifica delle voci di spesa che vengono presentate.

Mi è capitato per un business plan di vedere il costo “avvio business plan” nel preventivo di tre diversi consulenti, per altro a cifre anche importanti.

Chiedere i preventivi (vedi il punto 6), definire le azioni e la squadra di lavoro (vedi il punto 5), permette di evitare di scegliere consulenti non adatti o troppo costosi per le nostre tasche.

Le mega agenzie sono super, i consulenti top anche, ma se siamo all’inizio forse è il caso di fare le cose a misura di quello che abbiamo a disposizione.

Poi è vero, ogni progetto è diverso da un altro, e alcuni necessitano non solo di grandi capitali ma anche di grandi squadre di lavoro (sì, anche le mega agenzie). Va tutto bene, meglio se lo si pianifica.

11. Business plan e rispetto dei tempi

Non si può pensare a un business plan senza pensare a dei tempi precisi.

Tempi e costi vanno a braccetto, se si sfora con i tempi si bruciano dei soldi:

  • perché sballa il flusso di cassa (vedi punto 8)
  • perché si rimanda il momento di guadagnare
  • perché se ne devono spendere di più per compensare i ritardi
  • perché magari si perdono delle possibilità di finanziamento
  • perché le condizioni di mercato potrebbero variare (in meglio o in peggio)

Purtroppo, pur essendoci mille giustificazioni e motivazioni valide, i primi a essere penalizzati dal ritardo di un business plan sono proprio i futuri imprenditori e imprenditrici.

12. Business plan e vivere nella realtà

Chiudo questa carrellata di #qualierrori con una cosa che non avrei mai pensato di scrivere e invece ho constatato succedere più volte di quanto pensassi: fare il business plan, progetto e parte finanziaria, e poi buttarlo alle ortiche perché quando si apre l’attività si fa tutto in un altro modo.

Anche qui lascio parlare gli esempi.

Fare il business plan per un’azienda e poi aprire un’associazione porta parecchio fuori strada. Non solo perché hanno inquadramento giuridico diverso, ma vero e proprio modello di business diverso.

Non solo, se si fanno delle previsioni economiche basate su specifiche attività da svolgere come azienda, fare le stesse attività come associazione è davvero altra cosa.

Se si ipotizza l’apertura di una srl per poter svolgere un’attività, non si può ripiegare su una partita iva individuale in forfettario, perché non è adatta per gestire certi tipi di business e giri di fatturato.

In sostanza, se si investono dei soldi, del tempo, delle aspettative e anche dei sogni, per fare un business plan, perché nella pratica fare tutto diverso?

  • Paura dei conti? Non dovrebbe essere così se si sono fatti bene.
  • Mancanza di capitale? Non bisognerebbe accorgersene a business plan finito.
  • Cambio di scenario e di mercato? Meglio rivedere il progetto e la sua uscita, anziché storcerlo in un’altra forma.

Insomma, meglio non buttare via un lavoro fatto per aderire alla realtà, ma verificare il lavoro in corso d’opera per avere la sicurezza che sia sostenibile.

#qualierrori è anche una rubrica sul mio canale Telegramuna guida scaricabile in PDF

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